
“I reperti che abbiamo rinvenuto, soprattutto l’osso occipitale, sono davvero fondamentali per definire la storia evolutiva dell’uomo in Europa”, sottolinea Marta Arzarello, docente di Scienze preistoriche e antropologiche a Ferrara: “Proprio su di esso sono presenti delle strutture che definiscono la specie Neandertaliana: il famoso ‘chignon’ (rigonfiamento) occipitale e la sottostante fossa soprainiaca”.
Ritrovamenti di questo genere sono molto rari in Europa, spiegano i ricercatori, e permetteranno di documentare il periodo cronologico che vede il passaggio dall’Homo heidelbergensis all’Homo neanderthalensis.
La grotta fu probabilmente utilizzata in una prima fase solo come rifugio durante la caccia e successivamente per delle occupazioni più lunghe, probabilmente stagionali per poi finire con un’ultima occupazione di breve durata. La datazione, con metodi radiometrici, del sito è ancora in corso presso il Muséum National d’Histoire Naturelle di Parigi ma i risultati preliminari lasciano pensare che la parte centrale (in termini di cronologia) del giacimento sia da attribuire a circa 300mila anni fa.
